21/11/11

Professione mister. A lezione all'Università di Coverciano

Chi è appassionato di calcio sa che il centro tecnico di Coverciano è il tempio inviolabile della Nazionale. Il luogo da cui partono, ogni volta, le spedizioni dell'Italia di Prandelli in Europa e nel mondo. E' il posto dove si coltivano i sogni, non solo dei calciatori professionisti ma anche di quelli che spesso vengono considerati come singoli e non come squadra: gli allenatori.... LEGGI TUTTO L'ARTICOLO E GUARDA IL VIDEO SU Sky.it

01/11/11

Cassano, quest'Italia che non ti merita

Oggi voglio indignarmi anch'io. E non c'entra la politica o la crisi economica. Lo faccio da sportivo, da giornalista e da cittadino italiano, offeso nell'orgoglio, nell'etica professionale e nel senso di appartenenza a questo Paese, come sempre bigotto e ignorante. M'indigno per difendere un ragazzo che sta vivendo un dramma che non è solo sportivo, ma di vita. Antonio Cassano è un personaggio che divide: insopportabile, sbruffone, talentuoso, vero, provocatore, simpatico. Dipende dai punti di vista, lo capisco. Ma prima di tutto è un uomo, un marito e un padre. Ciò che non posso comprendere, che mi sbalordisce e mi rattrista, sono i commenti, le ipotesi, le illazioni, i maldestri tentativi di ironizzare sulla sua complicata situazione di salute.


Di più perché arrivano a una settimana esatta dalla tragica morte di Marco Simoncelli, a pochi giorni dall'esequie pubbliche a cui, commossa, ha partecipato l'Italia intera in uno slancio di pietà, di unità, di senso di appartenenza, senza distinzioni geografiche, come mai avevo avuto occasione di constatare. In quell'occasione la rete, internet, i social network, i siti sportivi hanno funto da trait d'union di un sentimento condiviso, unanime e vero. Ma un dubbio mi assale: possibile che, invece, qualcuno abbia solo seguito la massa? Possibile che molti abbiano modificato la foto del profilo personale Facebook perché fa fico? Possibile che questo sentimento manifestato fosse dettato solo dal bisogno di omologazione che oggi pervade la società, i giovani in particolare?

Non so dare una risposta definitiva ma mi sembra evidente che internet rispecchi i pensieri di un Paese che, solo all'apparenza, è unito senza distinzioni nord-sud, senza campanilismi, senza differenze nel trattare un campione giovane, vero, ma anche personaggio come Marco Simoncelli, tragicamente sacrificato sull'altare del pericoloso Motorsport, rispetto a un altro campione, ugualmente giovane, ugualmente vero come Antonio Cassano che, se la prima diagnosi verrà confermata, ha visto la morte in faccia.

Hanno infastidito, e molto, le parole del papà di Jorge Lorenzo sulle capacità di guida del "Sic". Ci siamo tutti indignati, abbiamo digrignato i denti, avremmo voluto anche spaccargli la faccia. "Il Sic non si tocca", nessuno sporchi l'onore del nostro campione. Giusto così. Poi però? "Cassano faticava a parlare? Qual'è la novità?", "Legittimo dubbio, prima Gattuso poi Cassano, a Milano hanno forse esagerato con le siringhe?". Una battuta la prima, ma di cattivissimo gusto, che non ci sta in un momento del genere. Un'accusa velata, la seconda, fatta sulla base del niente, dell'assurdo. Qual'è la competenza specifica di chi (molti) l'ha scritta? Quella di un neurologo? Non credo. Anche se basterebbe documentarsi un po', anche fai da te, per comprendere che il problema di Gattuso è di origine traumatica, quello di Cassano, invece, è tipico di moltissime persone normali.

Mi sembra che la rete ormai sia diventata una zona franca, incontrollabile, dove dilagano ignoranza, cattiveria, confusione, secessione e che solo a tratti si trasformi in luogo di condivisione di un sentimento ma solo per convenienza e omologazione o perché, come detto, fa fico. Una deriva pericolosa arginata, per fortuna, da quelli che hanno assistito in silenzio, nel dolore, al dramma di Simoncelli e che oggi ascoltano con ansia gli aggiornamenti sulle condizioni di Cassano e che sperano che un giorno Fantantonio torni a giocare. Voglio credere che siano la maggior parte. Se così non fosse sentirei il bisogno di dimettermi da cittadino italiano, forse anche da essere umano...