25/11/08

Milano Marathon, leone o gazzella? Stavolta non importa


Milano dorme ancora quando l'odore dell'olio canforato comincia a aleggiare intorno a Piazza Castello. Spuntano i primi colori in una domenica di fine novembre che definire polare è un eufemismo. C'è gente, nella metropolitana e a piedi, sacca in spalla, pettorale in mano, direzione partenza. Il grande giorno è arrivato, la Milano Marathon è pronta a riscaldare l'aria gelida, l'entusiasmo è dilagante e fa nulla se, alla fine, la gara sarà una roba a tre per soli keniani. La goccia d'azzurro è assicurata da Anna Incerti che regala un sorriso sotto il traguardo della competizione femminile. Ma non è questo il punto: gran parte del gruppo è venuto qui per partecipare, sono i personaggi dello spettacolo e dello sport, più in generale, ad attirare attenzione. C'è Susanna Messaggio, provetta maratoneta, a lanciare il motto: "Importante è esserci", ma c'è anche chi, come il campione di pugilato Giacobbe Fragomeni non ha proprio voglia di andare ko contro nessuno: "Leone o Gazzella? Leone....", ovviamente.Quarantadue chilometri e centonovantacinque metri sono tanti da smaltire, molti meno, però, rispetto a quelli che Davide Cassani ha percorso, per una carriera intera, in bici. Nessun capitano da aspettare, nessun direttore sportivo da assecondare, sull'ammiraglia, questa volta, non ci sarà nessuno, la sfida è a piedi e non in sella e, soprattutto contro se stesso: "L'obiettivo? 1 ora e 55 minuti", spara il buon Davide, peccato che, però, sarebbe record del mondo: "Volevo dire 2 ore e 55 minuti", che non è un primato, ma un crono di tutto rispetto. E se da lontano s'intravede l'ex arbitro Daniele Tombolini chiacchierare con il giudice di partenza, il perché della vita di ciascuno di noi sembra essere all’improvviso più chiaro, almeno fino al colpo di pistola quando i chilometri inizieranno a rosicchiare ossigeno e forze. Intanto si comincia a correre...leone o gazzella? Questa volta...non importa...

21/11/08

Stelline d'Europa, si va a caccia del nuovo Messi...a


Storie diverse, un destino comune. Baciati da un talento sopraffino, ambiti dai club di mezza europa e con un sogno nel cuore: diventare i migliori. Crescono all'ombra dei grandi, talvolta ne prenderanno il posto, i più sfortunati, invece, da stelle si trasformeranno in meteore bruciate dall'atmosfera troppo densa di pressioni in un mondo che esalta e seppelisce alla velocità della luce. Sono i talenti del calcio, giovanissimi, che fanno le fortune di piccoli e grandi club nella speranza, di questi ultimi, che alla fine sbocci il campione che risolva problemi di budget e non solo. L'Arsenal, negli ultimi anni, si è riproposta come isola felice dove far crescere questi piccoli Peter Pan del calcio: Jack Wilshere è solo lultimo di una lunga serie che ha visto in Theo Walcott il suo predecessore. Il talentino 'gunner' è un centrocampista di fascia dal dribbling ubriacante. Già accostato a Liam Brady, il piccolo fenomeno di casa Wenger, classe '92, è già entrato con costanza nel giro della squadra maggiore dove su di lui sono pronti a scommettere. La Premier si conferma fucina di campioni scovati dagli occhi attenti di talent scout preparatissimi: Gabriel Agbonlahor è il nuovo figlio di un'Europa sempre più multietnica: madre scozzese, papà nigeriano e nazionalità inglese per ovvie ragioni di nascita (a Birmingham). Già convocato da Capello in Nazionale si configura come il futuro Andy Cole. Se il Chelsea continua a puntare sui grandi nomi, a Londra, il Tottenham confida nella classe del terzino gallese Gareth Bale, classe 1989, corsa, fisico e tiro micidiale dalla distanza lo collocano come l'erede naturale di Stuart Pearce. Grandi talenti, grandi chance come quella concessa da Alex Ferguson e ripagata con un gol da Danny Welbeck. L’ultima sorpresa, in ordine cronologico, invece, è arrivata da chi, notoriamente, ha sempre preferito giocatori già fatti: Fabio Capello. Il tecnico di Pieris, infatti, ha convocato Michael Mancienne, difensore 20enne che gioca nella Championship (serie B inglese) con la maglia del Wolverhampton. Se in Spagna i talenti di Messi, Bojan e Villa sono ormai consacrati al grande calcio, il sivigliano Diego Capel potrebbe essere il prossimo predestinato a ricoprire un ruolo di rilievo nella Liga. Non se la passa per nulla male la Bundesliga arricchita dallle prodezze dei baby fenomeni Ivan Rakitic dello Schalke, Toni Kroos del Bayern e Renè Adler portierino del Bayer Leverkusen e già pronto a seguire le orme di Kahn in nazionale. E se Liga, Premier, Serie A e Bundesliga restano sempre i campionati più ambiti, in Olanda si pesca bene quanto a possibilifenomeni.Da certe latitudini sono passati Romario e Ronaldo, stimolo costante per chi come Ibrahim Afellay delizia le platee del Philips Stadion con la magia biancorossa del Psv. All'Ajax hanno fatto presto a rispondere con Miralem Sulejmani, radici serbe e scuola Partizan dal 2006 in Olanda all'Herenveen e ora tra le fila dei lancieri.Se nel vecchio continente prevalgono potenza fisica, classe e sagacia tattica, in sudamerica di genietti del calcio ce ne sono a iosa. Lulinha, il 10 del Corinthians, è destinato a fare la storia in Brasile sulla scia di Kakà, Diego e Pato, mentre Diego Valeri del Lanus è il mancino argentino già seguito anche da squadre italiane. Non poteva, inoltre, mancare qualche piccolo campione del Boca Juniors. Il talentino "Xeneises" Lucas Viatri non ha fatto rimpiangere per nulla l'infortunato Martin Palermo, raccogliendone oneri e onori. Tanto per restare a Buenos Aires, sponda River è Augusto Fernandez il campione emergente. Se il mondo è ricolmo di potenzialità infinite in fatto di baby-prodigio, in Italia occorre consolarsi con Sebastian Giovinco o Giuseppe Rossi (ahinoi al Villarreal) e guardare a quelli che verranno, Fausto Rossi su tutti, talento che Ranieri sta facendo crescere sotto l'ala protettiva della vecchia guardia. Tanti campioni, dunque, molte promesse da mantenere. Stelline d'Europa pronte a essere i nuovo Messi...a.

15/11/08

Il derby parte dal web, Roma-Lazio si gioca già nei forum


Fin troppo banale definirlo "speciale", il derby va oltre la sua essenza fatta di campanilismo, di divisioni, di colori contrapposti. Il web che unisce, nella fede, nell'occhio indiscreto che legge e nell'orecchio, acutissimo, che sente. Cursori puntati, ansie, opinioni e sfottò animano la lunga attesa fino alla sfida, l'unica da non perdere assolutamente in campionato. Questione di onore e non solo, l'occasione per ribadire una supremazia sportiva che, nella Capitale, supera i confini canonici e entra a far parte del vissuto di ciascuno, laziale o romanista. Unici nel loro genere i forum dei tifosi romani accendono un derby da giocarsi nella rete, in anticipo rispetto al fischio d'inizio della gara, e destinato a continuare dopo il 90'. La tensione sale, il desiderio di vincere logora e allora la valvola di sfogo resta internet, vero amico che sa ascoltare, replicare e provocare. Il popolo della Capitale affida al web umori contrapposti e propositi di vittoria. Questa volta è la Roma a fare la parte della sfavorita, classifica alla mano e non certo per una rosa non all'altezza. La paura è tanta, la dea bendata ha voltato le spalle: "Ragazzi ma non avete ancora capito che questa è un'annata maledetta? E' cominciata quest'estate dalla pessima preparazione tecnica, la morte del Presidente e non si sa quando finirà...Quello che sta succedendo è la premessa per andarsene in Serie B. Qui sono tutti fiduciosi sia tifosi che giocatori e staff, io no", scrive Peppe 78 su romaforever.it ipotizzando uno scenario apocalittico. L'invettiva è contro la mala sorte che ha colpito prima Doni poi De Rossi e Totti: "Ahhh vabbè pure lassù qualcuno ci gufa!!! Noo capitano nun te poi fermà", la preghiera di Angy su romanisti.it. Per fortuna c'è anche chi sdrammatizza: "Doni col tutore in testa, De Rossi col tutore al polso, ma che semo? il banco del mutuo soccorso?", si chiede Riobak. Mentre la soluzione proposta da Piero 77 è davvero singolare: "No ragazzi...qua la società deve mettere a libro-paga Padre Merrin (il prete de "L'esorcista" ndr). E se l'editoriale "Una vigilia da laziali", apparso su romamor.it è la marcia funebre di un derby ancora da giocare, c'è chi carica l'ambiente: "Lasciamo il pianto ai deboli, poiché i forti non piangono mai", l'invito epico di Oldshan, di tutt'altra caratura quello di Riobak: "Fuori le p... e facciamoli neri di gol sti lazialotti che sono soltanto capaci di scrivere ovunque as roma m...."Paura e voglia di vincere su sponda giallorossa che, tuttavia, non garantisce totale fiducia all'ambiente laziale che teme, e tanto, questo derby nonostante una classifica confortante e prestazioni oltre le più rosee aspettative. "Daje relax anche se prima del derby è difficile", compare su ultraslazio.it. Difficile, si diceva, specie per chi come Sebastian scrive: "Ho avuto un incubo stanotte...a parte il risultato... non riuscivo a venire allo stadio perché mi dimenticavo dov'era". L'ordine di scuderia è andarci con i piedi di piombo: "Regà dico solo una cosa, non ci andiamo troppo spavaldi! Certo non siamo noi che scendiamo in campo però quest'atmosfera di superiorità non mi piace per niente... Loro saranno inc...i neri...". Tiene banco anche in casa Lazio l'infortunio rimediato da Totti: "Dai te dò na bella notizia titty s'è bloccato in allenamento ed è in forse ma un campione come lui giocherà e ce segna pure secondo me", questo il post di Casual. Il tema derby viene toccato in tutte le sue sfaccettature e non poteva non essere tirato in ballo l'arbitro Rocchi di Firenze, omonimo dell'attaccante biancoceleste: "L'hanno messo apposta, perché volendo non possiamo neanche insultarlo dato il cognome", il rammarico di Alexander su forumlazioultras.it. Insomma il derby è già partito, tra sentimenti e sfottò che sembrano rallentare le ore che mancano alla partita, effetto collaterale inevitabile e poco gradito: "Mamma mi e quando me passa????? C'ho le farfalle dentro lo stomaco".

10/11/08

E se il vero obiettivo della Juventus fosse la Champions?


Una vittoria galactica, un Del Piero Real, titoli che vanno oltre la singola prestazione con cui la Juventus ha liquidato per ben due volte, e consecutive, il Real Madrid. Uno stile ben preciso, una tensione diversa da quella generata dal campionato che lascia presupporre uno scenario solo lontanamente ipotizzabile alla vigilia, ora concreta chance di vittoria. E se l'obiettivo della Juventus in questa stagione fosse davvero e in modo prioritario la Champions? Se questa domanda fosse stata posta qualche tempo fa qualcuno avrebbe strabuzzato gli occhi forse, altri avrebbero accolto la provocazione con il ghigno di chi la sa lunga, troppo lunga. E invece, all'apparir del vero, le cose sembrano stare proprio così. Il trend della formazione di Ranieri in campionato e in Champions, addirittura un diverso stile di gioco, caratterizzato dall'europeismo tattico maturato in Spagna e in Inghilterra dal tecnico bianconero, è una prova, e non solo un indizio, della caratura internazionale di questa squadra. La Juve sembra modellata ad hoc per la coppa dalle grandi orecchie, l'avvio stentato in campionato, la consapevolezza che il Milan, esentato dall'impegno pressante della Champions, forse ha intrapreso il proprio cammino vincente, ha spostato l'attenzione.Quella stessa attenzione, tecnico-tattica che ha permesso alla Signora di ottenere tre vittorie e un pareggio nel girone eliminatorio, due delle quali con il Real ed una, al Bernabeu (mancava da 46 anni), che rende la tesi più dimostrabile. Innegabile, inoltre, la somiglianza con chi, nel passato, recente, si è caratterizzato per questa sua predisposizione alla mezza maratona europea e non alla gara completa, lunghissima, sfiancante che porta alla conquista del tricolore. Il Milan 2002-03, la Juve lo sa benissimo e a sue spese, è un esempio: squadra da Champions si disse, espressione ripetuta anche nel 2006-07, guarda caso nelle due stagioni del successo rossonero. Come se non bastasse, tuttavia, il precedente riguarda anche il Liverpool di Rafa Benitez, due finali (di cui una vinta) in tre anni e la cronica repellenza al successo in Premier League per la gioia di Chelsea e Manchester United.Ecco, questa Juve, forgiata sulla praticità del gioco più che sullo spettacolo (a cui fanno eccezione le perle di un Del Piero che ricorda benissimo quello campione d'Europa), ha assunto questo atteggiamento europeista che la rende avversaria temibile per le grandi di ogni Paese. Implacabile nella gara secca con quel tocco in più garantito dai campioni che, ahitutti, chiamarli, a volte con sprezzo, della vecchia guardia sembra una bestemmia. Se alla disamina tecnica o psico-fisica si aggiunge un po' di cabala ecco che la dimostrazione del teorema è bella che fatta. Come il Milan campione nel 2003 cominciò dai preliminari contro i cechi dello Slovan Liberec, la Juve è tornata in Europa grazie al successo nel doppio confronto con gli slovacchi dell'Artmedia Bratislava, latitudini simili e stesso valore tecnico. A ciò si aggiunga che Roma sarà la città che ospiterà la finale di questa edizione di Champions, come nel 1995-96, anno dell'ultimo trionfo internazionale di una Juve che sembra aver mirato l'obiettivo più prestigioso.