30/11/09

Euro-partite truccate, quando il calcio finisce nel pallone

Diciassette arresti tra Germania e Svizzera la settimana scorsa, centinaia di partite truccate. L'Europa pallonara sottosopra, l'indignazione Uefa. Ma stavolta (almeno fino a nuove, eventuali, brutte sorprese) l'Italia non c'entra. Noi in fondo, a differenza di quanto sta avvenendo all'estero in questi giorni, abbiamo già dato. Tanti anni fa. Conviene ricordare.

Un'ombra allungatasi per un trentennio, una colpa mai espiata e il dubbio, la vergogna, lo scandalo, sotterrati, ma pronti a riemergere al primo campanello d'allarme. Un calcio non più giocato negli stadi, ma nelle ricevitorie: vincite, risultati fasulli e soldi tanti, troppi. Nel bel mezzo della partita, ovviamente, chi il gioco lo fa e il punteggio lo decide: i calciatori, allo stesso tempo vittime e colpevoli di una piaga da pronunciare sottovoce, il calcio scommesse.

La cronaca attuale, con le vicende rimbalzate dal centro Europa, Germania, Bochum sulla corruzione nel calcio tedesco e non solo, riporta alla mente il dolore di ferite, sì cicatrizzate, ma che ancora fanno male.In Italia lo scandalo del Totonero del 1980 fu una delle pagine più buie della storia del calcio nazionale. In manette finirono Massimo Cacciatori, Bruno Giordano, Lionello Manfredonia, Giuseppe Wilson della Lazio, Giorgio Morini ed Enrico Albertosi del Milan, solo per citare all'epoca i più famosi, che furono prelevati dal campo e trasportati direttamente nel carcere romano di Regina Coeli. Ad altri come Paolo Rossi, Beppe Savoldi, Giuseppe Dossena e Oscar Damiani, furono consegnati ordini di comparizione. Per tutti la stessa accusa: illecito sportivo. Era il 23 marzo e il calcio nostrano finì nel caos. Radiazioni, squalifiche e una macchia difficile da ripulire. Ci riuscì solo il Pablito Mundial che nel cuore degli italiani scontò la sua colpa con 3 anni da spettatore e 6 gol che regalarono agli azzurri la Coppa del Mondo a Spagna '82.

Per molto tempo si visse nel tentativo di restituire credibilità a un calcio che aveva perso la faccia davanti all'Europa e al Mondo, eccetto che nel mese di gloria della cavalcata iridata. Eppure di lì a qualche anno nuovi dubbi si trasformarono in certezze. Il 2 maggio 1986 scoppiò il nuovo scandalo, denominato Totonero bis che coinvolse Bari, Napoli (entrambe assolte) e Udinese (retrocessa) in serie A e molti altri club di B e C, nonchè calciatori e dirigenti che non furono risparmiati da sentenze durissime: dai 5 anni con proposta di radiazione al mese di squalifica.

Da lì in poi 16 anni in cui il calcio giocato prese il sopravvento. Diego Maradona, l'epopea Milan tra Sacchi e Capello, i successi della Juve, gli scudetti di Lazio e Roma dominarono la scena calcistica sotterrando, fin quasi a farlo dimenticare, ma senza sconfiggerlo, un male subdolo che riemerse nel 2000 e che costò a Giuseppe Sculli, all'epoca attaccante del Crotone, 8 mesi di squalifica (scontati nel 2006) per aver accettato 20 milioni di lire per non alterare il risultato, e dunque, l'accordo che prevedeva la vittoria del Messina, avversario dei calabresi. Impigliato nella rete dello scandalo ci finì anche l'allora esordiente e in odore di Nazionale Stefano Bettarini (difensore della Samp) che nel 2005 venne squalificato per 5 mesi con l'accusa di aver tentato di alterare il risultato di alcune partite. Per concludere l'infelice excursus, lo scandalo di Udine e delle scommesse fatte dai calciatori attraverso un edicolante friulano tenne lontano dal campo David Di Michele e Vincenzo Sommese rispettivamente per 3 e 5 mesi e fece tremare anche l'allora neo-milanista Marek Jankulovski.Una cavalcata a ritroso per esorcizzare nuovi fantasmi, l'eco del campanello d'allarme suonato in Germania giunge lontana. L'Italia è salva, per ora...

10/11/09

Roma-Lazio, 2-2 dietro le quinte. Totti: torno dopo la sosta

Manca poco meno di un mese al derby più acceso d'Italia ma Roma-Lazio si è giocata, in parte, ne La Casa dello Sport di SKY. Bocche cucite, frasi pronunciate tra i denti, gli umori non sono dei migliori soprattutto in casa biancoceleste, ma un po' di voglia di abbandonare le tensioni da spogliatoio c'è. Avversari in campo, amici fuori, ci si incontra e si commenta la giornata di campionato. La disponibilità di Pasqualino Foggia sarebbe illimitata se solo il catenaccio imposto dal silenzio stampa non lo costringesse a stare sulle difensive. "Accà va tutt' stuort", è l'eco che rimbomba in perfetta lingua madre. Sintomo di un malessere dettato anche da una cospicua dose di sfortuna. E poi c'è Julio Cruz che del progetto Lazio ha sposato onori e soprattutto oneri come lascia intendere a chi gli chiede in regalo la maglietta: "Non posso, non è colpa mia, qui risparmiano sulla luce e pure sull'aria", lo si era capito, un periodaccio in tutto e per tutto.Sull'altra sponda del Tevere, Francesco Totti si concede ai microfoni di Sky Sport 24: “Il campionato è aperto, l’Inter ha temperamento e forza ma noi vogliamo arrivare almeno quarti”. Vito Scala ci rassicura sulle condizioni del capitano della Roma: "Ha ricominciato a correre - dice - stiamo facendo un lavoro di natura muscolare, dopo la sosta potrebbe essere pronto, Bari o Atalanta le gare possibili per il suo ritorno in campo". Il buon Vito fa gli interessi d'er Pupone ma il grande occhio, anzi l'ultrasensibile orecchio di SKY.it capta sensazioni contrastanti. "A Vi', però sto ginocchio me fa male". Insomma, nuovi dolori in casa giallorossa e se ci mettiamo anche l'infortunio di De Rossi, il derby del dietro le quinte è bello che giocato: 2-2 con reti di Foggia, Cruz, Totti e De Rossi. Qualcuno ci metterebbe la firma?

07/11/09

Effetto Milan, il sorriso di Pato e la saudade di Thiago


In campo è tutta un'altra storia. Facce scavate dalla tensione, adrenalina a mille, muscoli pronti ad esplodere in uno scatto, in un tiro. Li abbiamo sempre visti così, non riuscendo mai, pienamente, a cogliere l'essenza di quei campioni che ci fanno gioire e penare, esultare e disperare. Pato, Thiago Silva, Borriello e Seedorf costituiscono parte della spina dorsale di un Milan che ha saputo risalire la china rinvigorito dopo la depressione d'inizio stagione.

A vederli nei dietro le quinte de "La casa dello sport", il perché appare lampante. Caratteri diversi, un giusto mix per capire che in una squadra, oltre a moduli e schemi, occorre di più. Il saggio Clarence che non perde un attimo in cose banali: è una delle menti del gruppo, e si vede. Parla poco, parte in dribbling e quando ancora aspetti una risposta e già bello che andato.L'affascinante Borriello, che ha mandato in bianco tanti difensori e non solo, è abile a ricevere l'assist ma non a trasformarlo in "rete, rete, rete", preferisce fare melina: "Un consiglio a Legrottaglie che si è fidanzato? Nessuno". Come dire: prendi palla e fai salire la squadra.

Nell'aspettare Thiago Silva e Pato, l'argomento non può che essere il campionato e allora si discute sul Napoli che sta giocando un gran calcio e si scopre che è Mazzarri il segreto di Pulcinella. Finalmente spuntano i due brasiliani, Thiago è in borghese, se ne sta appoggiato ad un muro con la faccia da duro e con quella malcelata timidezza che ostenta saudade, ma non del Brasile, di un gol (annullato col Real e sfiorato col Chievo) che vorrebbe arrivasse presto: "Con la Lazio è il momento giusto? Speriamo - dice - Ma l'importante è che vinca la squadra", Come dargli torto?

E finalmente è la volta di Pato, insieme a Ronaldinho, la fotografia di un Milan che ha ritrovato serenità e felicità. Sorrisi per tutti, strette di mano, una pacca sulle spalle e parole pesate con molta, molta Sapienza.

Che portoghesi gli spagnoli: ma ora addio paradiso fiscale


Dura lex, sed lex. E la Spagna dovrà adeguarsi. Money, argent, soldi e dinero dal primo gennaio 2010 saranno un po' più uguali di quanto la moneta unica, l'Euro, possa dire. E sì perché dal 2003 ad ora la legge per i club della Liga non è stata poi così "fiscale". Roba da "ti piace vincere facile" per promuovere il prodotto calcio, per strappare i grandi campioni alle altre big d'Europa grazie alle tasse più docili imposte ai calciatori stranieri. Il peccato è stato consumato, il paradiso fiscale non più appetibile per società come Real Madrid e Barcellona che hanno avuto, in sei anni, l'occasione di portare a casa i calciatori più acclamati e di un certo appeal non solo calcistico, con introiti sicuri in termini di prestazioni sul campo, ed economico, che ha visto schizzare le entrare derivanti dal merchandising.

Almeno trenta calciatori avrebbero potuto scegliere di non giocare nella Liga, molti di essi sarebbero approdati in Premier, rimasti in Italia o esplorato altri orizzonti. Samuel, Cassano, Cannavaro, Zambrotta, Emerson, Thuram, Rossi, Kakà, Ibrahimovic, Maxwell, solo per citare gli "scippi" dalla serie A. Per non contare le trattative intavolate dai club italiani per acquistare gente del calibro di Owen e Ronaldinho (all'epoca inseguiti dall'Inter), o Henry (che ha scelto il Barça scartando l'ipotesi Milan), sfumate per l'impossibilità di pareggiare almeno l'offerta, e tanti altri per i quali le società del nostro campionato hanno deciso di lasciar perdere.

Nel tempo, lo stesso Beckham, da cui la legge sulla tassazione agevolata ha preso il nome, ma anche i talenti emergenti del calcio argentino come Higuaìn (inseguito dalla Fiorentina) o Gago, ma ancora Marquez, i due Diarra, Hleb, Van der Vaart (che la Juve avrebbe voluto strappare all'Amburgo) e poi Benzema (per il quale Moratti avrebbe fatto un grosso sacrificio economico) . Un bel bottino, e pure in saldo, di cui la Liga si è giovata per aumentare lo spettacolo, per conquistare due Champions League (Barcellona 2005-06, 2008-09) e tre Coppe Uefa (Valencia 2003-04 e Siviglia 2005-06, 2006-07), per accaparrarsi il titolo di campionato più bello d'Europa. Una scorciatoia improvvisamente interrotta dall'imminente riforma, un'inversione di tendenza che permetterà di non considerare più "portoghesi" anche gli spagnoli.

03/11/09

Cassano, dal web solo carezze: nessuno tocchi il re

L'incursione è tipica delle sue migliori giocate, niente fronzoli, dritto al dunque: un'uscita da lasciare spiazzati, come un tiro ad effetto che l'effetto, invece, lo ha fatto su tutti. Un flash back che riporta ai tempi delle cassanate. No, questa volta non è così: la maturità di Antonio Cassano è diversa, la risolutezza identica, ma lo sfogo, legittimo o esagerato, fa parte di un carattere da leader che ha aiutato la Samp a diventare, almeno in questo scorcio di campionato, grande.

Il giudizio è quasi unanime, la sentenza di assoluzione rimbomba dalla piazza virtuale. Il presunto ricatto di cui si parla in Sampdoria forum free, ad ogni nuovo click è presto trasformato in invettiva contro chi, come dice Alexjo da Armatablucerchiata "ha mugugnato nei confronti di Antonio". dimenticando che "siamo secondi e abbiamo in squadra un campione".

La critica nasce da un pregiudizio, scovato, svelato e rispedito al mittente di chi aveva pensato, ancor prima di essere a Marassi, che Cassano non avrebbe affondato contro la squadra della sua città. "Ora siccome Cassano è di Bari, contro il Bari gioca male, roba da matti, ma come si fa a scrivere queste c...?", chiede su Gradinata Sud, Livornoblucerchiata. La delusione, per il comportamento di quella minoranza, è tale da insinuare in Ai il pensiero di non andare più allo stadio: "Io non ho più voglia di sentire per 90 minuti 'che schifo', 'siamo grammi', 'cassano deficiente' e altre belle cose". La tempeeatura nell'ambiente è alta e c'è chi s'intrufola per sdrammatizzare: "Non fate incavolare Antonio mica che magari se ne va all'Inter, certo se venisse da noi...", dice sellas, palesemente juventino. Insomma, il vento, blucerchiato e non, spira tutto dalla parte di Cassano. La paura di perdere il reuccio di Bari vecchia è forte, il veleno scomparirà alla prossima giocata alla nutella: un applauso, un inchino e un amore ritrovato.