07/11/09

Che portoghesi gli spagnoli: ma ora addio paradiso fiscale


Dura lex, sed lex. E la Spagna dovrà adeguarsi. Money, argent, soldi e dinero dal primo gennaio 2010 saranno un po' più uguali di quanto la moneta unica, l'Euro, possa dire. E sì perché dal 2003 ad ora la legge per i club della Liga non è stata poi così "fiscale". Roba da "ti piace vincere facile" per promuovere il prodotto calcio, per strappare i grandi campioni alle altre big d'Europa grazie alle tasse più docili imposte ai calciatori stranieri. Il peccato è stato consumato, il paradiso fiscale non più appetibile per società come Real Madrid e Barcellona che hanno avuto, in sei anni, l'occasione di portare a casa i calciatori più acclamati e di un certo appeal non solo calcistico, con introiti sicuri in termini di prestazioni sul campo, ed economico, che ha visto schizzare le entrare derivanti dal merchandising.

Almeno trenta calciatori avrebbero potuto scegliere di non giocare nella Liga, molti di essi sarebbero approdati in Premier, rimasti in Italia o esplorato altri orizzonti. Samuel, Cassano, Cannavaro, Zambrotta, Emerson, Thuram, Rossi, Kakà, Ibrahimovic, Maxwell, solo per citare gli "scippi" dalla serie A. Per non contare le trattative intavolate dai club italiani per acquistare gente del calibro di Owen e Ronaldinho (all'epoca inseguiti dall'Inter), o Henry (che ha scelto il Barça scartando l'ipotesi Milan), sfumate per l'impossibilità di pareggiare almeno l'offerta, e tanti altri per i quali le società del nostro campionato hanno deciso di lasciar perdere.

Nel tempo, lo stesso Beckham, da cui la legge sulla tassazione agevolata ha preso il nome, ma anche i talenti emergenti del calcio argentino come Higuaìn (inseguito dalla Fiorentina) o Gago, ma ancora Marquez, i due Diarra, Hleb, Van der Vaart (che la Juve avrebbe voluto strappare all'Amburgo) e poi Benzema (per il quale Moratti avrebbe fatto un grosso sacrificio economico) . Un bel bottino, e pure in saldo, di cui la Liga si è giovata per aumentare lo spettacolo, per conquistare due Champions League (Barcellona 2005-06, 2008-09) e tre Coppe Uefa (Valencia 2003-04 e Siviglia 2005-06, 2006-07), per accaparrarsi il titolo di campionato più bello d'Europa. Una scorciatoia improvvisamente interrotta dall'imminente riforma, un'inversione di tendenza che permetterà di non considerare più "portoghesi" anche gli spagnoli.

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