29/05/12

Così Monti...cosi S...Monti

Martedì pomeriggio, ore 16.41... Pensieri ad alta voce che nascono da qui...

"Non è una proposta mia o del governo, ma da persona che era appassionato di calcio tanti anni fa, quando il calcio era calcio, mi domando se per due o tre anni non gioverebbe una totale sospensione di questo gioco". (il presidente del consiglio Mario Monti sul marcio del calcio).


Il calcio non si tocca... se mettessero in galera i responsabili buttando la chiave come fanno nei Paesi civili, ci sarebbe un'altra situazione e non solo nello sport ma a livello sociale in generale. Loro, i politici, hanno fatto in modo di "liberare" i delinquenti con l'indulto e adesso?... Ci rubano i soldi con le tasse, ci rubano il lavoro e la dignità e questo ci vuole togliere anche la gioia di vedere una partita di calcio dicendo che parla da appassionato, la passione è un'altra cosa...


Ok sulla critica al fatto che i soldi pubblici non devono servire per ripianare i debiti delle società, ma neanche per pagare i vizi dei politici. Il parlamento dovrebbe chiudere a tempo indeterminato dunque! All'estero come dice il buon Trap "Siamo mafiosi" per mille e altre cose prima del calcio, certamente prima per le istituzioni che per lo sport... Monti parla del calcio quando era il calcio, lo scandalo del Totonero '80 se l'è scordato? Il problema è che non si è mai punito a dovere i responsabili delle magagne, nel calcio e nella vita. I bilanci delle società sono un discorso (ci vorrebbero le licenze come ad esempio in Francia... hai tot? giochi in 1°, 2°, 3° divisione), le scommesse sono un altro problema e i responsabili vanno puniti. Perché penalizzare anche chi è innocente? Questa è giustizia sommaria che non risolve il problema. Ripartiamo da zero? Perfetto, va bene, giochiamo con i giovani nostrani a patto che anche loro, i politici, ripartano da zero...senza auto blu, senza indennizzi milionari, senza proprietà nei paradisi fiscali. Allora sì, mi andrebbe pure bene...

Va bene la provocazione, ma perché questi parlano solo e non agiscono mai? Da un uomo di governo e in questo caso di potere mi aspetterei una soluzione concreta non una provocazione che suscita solo inutili dibadditi, che spacca anziché unire un fronte comune contro un problema reale. E' proprio questo il cruccio, parole parole parole...

Non è che devono prendere misure drastiche, devono fare il loro dovere, dico, le istituzioni, non è che solo se c'è la rivoluzione si muovono, non funziona così nei Paesi civili. Se io rubo mi mettono in galera, se ruba un politico o un personaggio influente no. Ti ripeto se i tifosi violenti, i calciatori corrotti, i presidenti che falliscono fossero puniti come si dovrebbe, e non su richiesta dei cittadini (non spetta a loro), saremmo in una situazione diversa...

Si però capisci bene che se continuiamo così non miglioreremo mai, perciò dico che il problema è molto più profondo e la soluzione molto più complicata che fermare il calcio 2 o 3 anni...ti ripeto il discorso di Monti a me è sembrato molto semplicistico e superficiale nel suo tentativo di cercare o provare a cercare una soluzione. Poi per quanto riguarda le questioni economiche sono perfettamente d'accordo...però anziché fermare il calcio, ricominciamo dai giovani, meno pagati e magari più bravi, dai bilanci sani, così si darebbe un bel segnale anche alla politica, un mondo di vecchiacci attaccati alla poltrona...

Ah dimenticavo, l'azienda calcio è quella che paga più tasse allo Stato...


Tom Ince, sulle orme di papà: "Ma non sono un raccomandato"


Andasse in porto sarebbe una straordinaria operazione di marketing e magari un buon affare per il campo. Lo ricordate Paul Ince, lo stoico mediano inglese che alimentò le fantasie del presidente Moratti e dei tifosi dell’Inter a metà anni ’90? Certamente sì. Per la sapienza nel guidare il centrocampo lo chiamavano “The Governor”, il governatore. Tom Ince è un figlio d’arte che negli ultimi mesi ha fatto parlare di sé con la maglia del Blackpool, club con il quale ha sfiorato la promozione, dunque l’immediato ritorno in Premier League. I “mandarini” sono stati battuti dal West Ham e ricacciati nel purgatorio della Championship almeno per la prossima stagione.

Tuttavia, a dispetto di quanto si potesse pensare all’inizio della stagione, il Blackpool, privato dei suoi pezzi pregiati dopo la retrocessione datata maggio 2011, ha messo in mostra nuovi talenti e Ince è uno di questi. Sono certo che lo immaginereste nel ruolo che fu del padre, centrocampista davanti alla difesa, e invece il piccolo Tom ha altre caratteristiche. Un esterno di centrocampo rapidissimo e abile nell’uno contro uno, un giocatore in grado di creare superiorità numerica puntando la porta o il fondo. Quando firmò il suo primo contratto da professionista con il Liverpool, in molti pensarono al solito figlio di papà con la strada spianata. Cattivo pensiero ma legittimo.

Ma il giovane Ince ha fatto fruttare la scuola di vita, più che di calcio, frequentata al Tranmere Rovers, dimostrando di saperci fare con la palla tra i piedi. Il Blackpool lo ha acquistato a titolo definitivo riponendo grande fiducia nelle qualità di questo ventenne che non ha paura dei paragoni. Gioca all’ala sinistra e il suo idolo non poteva che essere Ryan Giggs. Il cognome non gli pesa ma è infastidito dalle voci che accostano la sua carriera all’ascendente che papà Paul ha sui club d’Inghilterra. “Mi ha riempito di consigli”, punto e basta. Insomma Tom rivendica l’autonomia nelle scelte, sue personali, e di chi gli ha dato fiducia, in primis Ian Holloway, l’allenatore dei “Tangerines”.

Qualcuno dice che per il suo cartellino si siano fatte già vive società di Premier anche se la valutazione non è del tutto chiara. Difficile ingaggiarlo a titolo definitivo, ma una manovra per fargli sperimentare il calcio italiano potrebbe essere approntata. Il percorso di Tom per staccarsi di dosso la scomoda etichetta di “figlio di Ince”, è cominciato. Chissà che non possa completarsi in Italia, in B o in A, questo non importa.

22/05/12

Affare Sciaudone, un talento a costo zero



Questa è una storia di due andate e di un ritorno, di un giovane promettente mandato a maturare altrove e tornato come certezza. Da Bergamo a Taranto, da Taranto a Foligno, prima del rientro in terra pugliese. Storicamente la squadra rossoblù ha avuto in rosa potenziali campioni, sempre. Dall’indimenticato Erasmo Iacovone (che oggi dà il nome allo stadio della città ionica) a Totò De Vitis, fino ai più recenti Christian Riganò e Aniello Cutolo. Ce ne sarebbero molti altri, oggi è Daniele Sciaudone, come Falanto, l’eroe spartano che fondò la città, ad essere il mito dei tifosi tarantini. Una carriera vissuta nell’ombra, tra i giovani giusto il necessario per formarsi, presto le partite con i grandi, in serie D al Tritium e poi l’ascesa verso il professionismo trovato in riva allo Ionio da giovanissimo, con la proficua parentesi di Foligno, prima del ritorno, ancora una volta nella città dei due mari. Questa volta per conquistarla definitivamente.

Nord-Sud, mille chilometri di speranze. Quelle coltivate nel tragitto che Sciaudone, 24 anni, ha compiuto per sentirsi finalmente importante, pronto al grande salto. Un centrocampista moderno, offensivo ma anche in grado di organizzare il gioco da play maker aggiunto. Un incursore letale con il suo destro velenoso e l’abilità tecnica che lo ha contraddistinto in questa stagione. Quando nel 2008 arrivò a Taranto, per la sua faccia pulita, per la somiglianza fisica e non solo per stile di gioco, qualcuno lo aveva paragonato a Ricardo Kakà. Due anni di apprendistato, un buon numero di presenze e poi l’occasione di maturare in una realtà più tranquilla e senza pressioni. A Foligno Sciaudone ha migliorato le sue capacità di uomo-gol, andando a segno 13 volte in due campionati, 3 in quello in corso (si giocano i playoff) dove il bergamasco è diventato un punto di riferimento nel pragmatico 3-4-3 di Davide Dionigi. Non considero blasfemo accostarlo a Zidane, anche se con le dovute proporzioni, quanto a visione di gioco, e a Boateng per le eccelse qualità nell’accompagnare e, molto spesso, finalizzare l’azione. Credo che ormai sia pronto per giocarsi la sua chance , in serie B o in A, non patirebbe il salto di categoria.

 All’inizio di questa stagione il Taranto  ha ricomprato la metà del suo cartellino rendendolo patrimonio della società. Pur avendo un valore di 1 milione di euro, il ragazzo potrebbe liberarsi a parametro zero nonostante non sia in scadenza. Questo perché il club ionico, in difficoltà finanziare, è stato messo in mora dai suoi giocatori che, in caso di mancata liquidazione delle spettanze, si libererebbero automaticamente al 30 giugno 2012. L’occasione è propizia per ingaggiare uno dei migliori talenti non ancora scoperti dai grandi club. L’affare è servito.

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18/05/12

Di Matteo alle origini: da Paglieta alla finale di Champions


Viaggio nella terra dalla quale i genitori dell'allenatore del Chelsea partirono per garantirsi un futuro. Da quando "Robbie" allena i Blues, il piccolo centro abruzzese è "colonia" britannica. Tutto il paese tiferà in finale per la squadra di Abramovich

Roberto Di Matteo è un figlio di emigranti. Negli anni '60 papà Fiorindo e mamma Gianna sono partiti da Paglieta, in Abruzzo, alla volta di Sciaffusa, in Svizzera, per trovare lavoro e concedere al figlio la possibilità di coronare il suo sogno: giocare al calcio. Sciaffusa, Zurigo, Aarau, finalmente il ritorno in Italia alla Lazio, poi la conclusione della carriera al Chelsea. Le vacanze trascorse nel paese d'origine sono freqenti durante l'adolescenza. Gli amici e i tornei di calcetto condiscono le sue serate estive. Da quando allena i Blues Paglieta è diventata una piccola "colonia" britannica in cui tutti, compreso il sindaco, tifano per il club di Abramovich e sperano nel successo in Champions League nella finale contro il Bayern. GUARDA IL VIDEO SU Sky.it

08/05/12

Ecco Bruno, quando il cognome è garanzia di gol


A Liegi si respira aria di casa. Il pezzo d’Italia arroccato sulla leggera vallata che sfocia sul letto della Mosa, sulle cui sponde si estende la città ardente, prende il nome dai quartieri di Herstal e Rocourt. Trovi immigrati italiani dappertutto, siciliani prevalentemente, meridionali più in generale. Imbianchini, operai, ristoratori, idraulici, il meglio della manovalanza qualificata. Adesso, con i belgi di seconda generazione, anche ingegneri, dottori, esperti in comunicazione dal doppio passaporto ma con il cuore tricolore. Come già accaduto in passato con Vincenzo Scifo o con il più recente Walter Baseggio, non mancano i calciatori di talento che dell’Italia hanno soltanto il ricordo, nemmeno troppo nitido, di nonni e vacanze estive ma il sogno di giocare nel calcio più difficile al mondo.

Se la città è famosa per la sua squadra più prestigiosa, lo Standard, l’RFC Liegi è il club in cui gli italiani sfogano la loro irrefrenabile passione calcistica spesso condita dalle amarezze di una società che negli anni è andata incontro a gravissime crisi. Per questo Gianni Bruno, dopo essere cresciuto tra i Sang & Marine, ha optato per gli odiati cugini. A strapparlo alla Jupiler League, poi, ci ha pensato il Lille proponendogli il primo contratto da professionista. L’escalation dall’accademia fino alla prima squadra è avvenuta in 4 anni ricchi di soddisfazioni.

A gennaio il debutto in Ligue 1 di questo attaccante classe 1991 ha allertato i radar dei più influenti osservatori internazionali. Sembra che il Lille voglia tenerlo nascosto, molti lo considerano un novello Eden Hazard, se non per il ruolo (è molto più attaccante dell’altro fantasista belga finito nelle mire dell’Inter), quantomeno per le potenzialità. Il tecnico Rudi Garcia è convinto che Bruno potrà sfondare nel calcio professionistico. Il suo score nelle nazionali giovanili del Belgio è di 33 gol in 59 partite.

Questo giovane attaccante s’inserisce nel solco già tracciato da tanti calciatori belgi che ora fanno le fortune dei club europei più importanti. Detto di Hazard, Bruno è degno della medesima attenzione riservata ad Axel Witsel (ora al Benfica) e Romelu Lukaku (il baby fenomeno del Chelsea). S’inquadra in una generazione di talenti che, dicono in Belgio, sia più forte di quella che ottenne il secondo posto a Euro ’80, ma che per le differenze di appartenenza a fiamminghi e valloni, non sia ancora riuscita ad esprimere tutte le sue qualità. Il costo del suo cartellino si aggira sul milione di euro, ma bisogna agire in fretta.  Bruno è un cognome particolarmente caro al Modena, da un paio di stagioni anche al Sassuolo. Averne un altro, per il futuro, con 12 anni in meno e con la stessa, se non migliore, capacità di vedere la porta non sarebbe per nulla male.

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05/05/12

Shindler list, City-United: i capitoli di un duello infinito


"Mancini ha ragione, non è ancora finita". Soprattutto per chi attende un successo in Premier League da 44 anni. L'ultima volta del City campione è stata una delle poche gioie che hanno scandito la passione sportiva di Colin Shindler, autore del libro "La mia vita rovinata dal Manchester United" (DalaiEditore pag. 363), cresciuto nel quartiere ebreo ortodosso di Manchester, dunque tifoso dei Citizens, una duplice non-scelta coraggiosa. La furia ironica rivolta al potere economico e all'arroganza di un avversario imbattibile come lo United, improvvisamente gli si è ritorta contro a causa della trasformazione della sua squadra, ora diventata il City degli sceicchi e dei campioni super-pagati. Questo ha dato vita all'idea di un nuovo libro "La mia vita rovinata dal Manchester City", di prossima pubblicazione. Due sentimenti solo all'apparenza contrastanti, perché al cuore non si comanda e nella lotta al titolo di campione d'Inghilterra la preferenza è tutta per gli uomini del Mancio. LEGGI L'INTERVISTA SU Sky.it

01/05/12

Falco, il "Messi del Salento" che ha strabiliato Pavia

Fino a qualche settimana fa la maglia azzurra l’aveva soltanto sognata. Rispetto a tanti decantati suoi coetanei, nessuna trafila tra le giovanili di casa Italia, ma tanta gavetta nel Salento, a Lecce, in un club dove negli ultimi anni sono sbocciati i talenti di Vucinic e Bojinov e dove, in questa stagione, è stato Luis Muriel (di proprietà dell’Udinese) a raccogliere larghi consensi dai tifosi e dalla critica. La meglio gioventù di casa Semeraro, quella ancora tutta da gustare, porta un nome di un rapace che fa della rapidità e del cinismo le sue doti migliori. Sembra che Filippo Falco trasporti queste abilità con sé in campo, il terreno di caccia che meglio gli si addice. Ha strabiliato nella Primavera giallorossa per le sue doti di cecchino infallibile, 50 presenze e 20 reti, ma soprattutto per le giocate, la tecnica sopraffina che gli sono valse il nomignolo di “Messi del Salento”. Una responsabilità non da poco, un fardello da sopportare che ne avrebbe potuto limitare la crescita. Eppure Falco sta confermando le premesse, e le promesse, nel Pavia, LegaPro girone A. Già nove gol e l’obiettivo di salvare la sua squadra dalla retrocessione, il futuro è tutto da decidere.

Intanto è stato Gigi Di Biagio a regalargli la ribalta europea con la Nazionale Under 20 nel torneo 4 Nazioni svoltosi in Danimarca, nel quale, tra gli altri, ha fatto il suo esordio Marcello Trotta, attaccante del Fulham, e tra i primi consigli per gli acquisti di questa rubrica. E’ giovanissimo, un classe ’92, un’attaccante esterno, mancino, che gioca indifferentemente da trequartista o da seconda punta. Quando parte nelle sue volate palla al piede si racconta che al Pietro Fortunati di Pavia, la gente inizi ad urlare “Messi, Messi” e lui, il ragazzo, riesca a concludere l’azione senza tradire alcuna emozione. Tuttavia, rispetto alla Pulce blaugrana, la statura, 1 metro e 80, lo rende potenzialmente più incisivo nei sedici metri avversari.

Il segreto per sfruttare nel migliore dei modi le sue doti, il dribbling e il suo sinistro terrificante, è quello di collocarlo nel ruolo di “opposto”, a destra dove, attraverso i tagli alle spalle dei centrocampisti avversari, diventa un’arma micidiale nell’azione offensiva della sua squadra. La visione di gioco e la capacità di dialogo con i compagni arricchiscono il suo essere uomo-squadra. In tanti hanno provato a sondare il terreno: il costo del suo cartellino sembra indecifrabile, pare che il Lecce non voglia cederlo. In serie A Udinese, Siena e Palermo hanno mostrato interesse, in B il Verona è in pressing sul Lecce, il Sassuolo o il Modena potrebbero provarci. Occorre sbrigarsi per  strappare almeno un prestito. Trentatré anni fa da quelle parti nasceva Fabrizio Miccoli, il “Romario del Salento”, oggi è Falco a tenere alto l’onore di una terra così ricca di talenti.

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