08/05/12

Ecco Bruno, quando il cognome è garanzia di gol


A Liegi si respira aria di casa. Il pezzo d’Italia arroccato sulla leggera vallata che sfocia sul letto della Mosa, sulle cui sponde si estende la città ardente, prende il nome dai quartieri di Herstal e Rocourt. Trovi immigrati italiani dappertutto, siciliani prevalentemente, meridionali più in generale. Imbianchini, operai, ristoratori, idraulici, il meglio della manovalanza qualificata. Adesso, con i belgi di seconda generazione, anche ingegneri, dottori, esperti in comunicazione dal doppio passaporto ma con il cuore tricolore. Come già accaduto in passato con Vincenzo Scifo o con il più recente Walter Baseggio, non mancano i calciatori di talento che dell’Italia hanno soltanto il ricordo, nemmeno troppo nitido, di nonni e vacanze estive ma il sogno di giocare nel calcio più difficile al mondo.

Se la città è famosa per la sua squadra più prestigiosa, lo Standard, l’RFC Liegi è il club in cui gli italiani sfogano la loro irrefrenabile passione calcistica spesso condita dalle amarezze di una società che negli anni è andata incontro a gravissime crisi. Per questo Gianni Bruno, dopo essere cresciuto tra i Sang & Marine, ha optato per gli odiati cugini. A strapparlo alla Jupiler League, poi, ci ha pensato il Lille proponendogli il primo contratto da professionista. L’escalation dall’accademia fino alla prima squadra è avvenuta in 4 anni ricchi di soddisfazioni.

A gennaio il debutto in Ligue 1 di questo attaccante classe 1991 ha allertato i radar dei più influenti osservatori internazionali. Sembra che il Lille voglia tenerlo nascosto, molti lo considerano un novello Eden Hazard, se non per il ruolo (è molto più attaccante dell’altro fantasista belga finito nelle mire dell’Inter), quantomeno per le potenzialità. Il tecnico Rudi Garcia è convinto che Bruno potrà sfondare nel calcio professionistico. Il suo score nelle nazionali giovanili del Belgio è di 33 gol in 59 partite.

Questo giovane attaccante s’inserisce nel solco già tracciato da tanti calciatori belgi che ora fanno le fortune dei club europei più importanti. Detto di Hazard, Bruno è degno della medesima attenzione riservata ad Axel Witsel (ora al Benfica) e Romelu Lukaku (il baby fenomeno del Chelsea). S’inquadra in una generazione di talenti che, dicono in Belgio, sia più forte di quella che ottenne il secondo posto a Euro ’80, ma che per le differenze di appartenenza a fiamminghi e valloni, non sia ancora riuscita ad esprimere tutte le sue qualità. Il costo del suo cartellino si aggira sul milione di euro, ma bisogna agire in fretta.  Bruno è un cognome particolarmente caro al Modena, da un paio di stagioni anche al Sassuolo. Averne un altro, per il futuro, con 12 anni in meno e con la stessa, se non migliore, capacità di vedere la porta non sarebbe per nulla male.

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