23/01/10

Toh chi si rivede, Comandini-Ventola: così si vince un derby

L'uno vivrà il derby da lontanissimo, addirittura sdraiato su una spiaggia in Nuova Zelanda o cavalcando quell'onda che qualche tempo fa lo ha consacrato, almeno per un po', beniamino dei tifosi rossoneri. L'altro seguirà la partitissima, da vicinissimo ma semplicemente a casa, in poltrona, con amici. Eppure una sottile linea rossonerazzurra continua a legarli come ai tempi della nazionale under 21 di Marco Tardelli quando, in coppia, nel 2000 diventarono campioni d'Europa in Slovacchia. Gianni Comandini e Nicola Ventola, storie parallele e un destino che li ha visti segnare in quella stessa partita che domenica sera potrebbe dire molte verità sul campionato.

Inter-Milan, la partitissima: per che squadra tiferai?
Comandini: "Milan"
Ventola: "Inter"

Dove seguirai il derby e con chi?
Comandini: "Lo seguirò in differita, parto per la Nuova Zelanda"
Ventola: "In nessun posto particolare, a casa, con amici"


Gesti scaramantici prima della partita?
Comandini: "Non ne facevo in campo, figurarsi ora"
Ventola: "Nessuno, non credo nella scaramanzia"

Se fossi Mourinho...
Comandini: "Schiererei sempre Balotelli"
Ventola: "Non mi preoccuperei, lui vince sempre i derby (ride ndr), così gliela gufo"


Se fossi Leonardo...
Comandini: "Punterei tutto su Borriello"
Ventola: "Cercherei di non perdere"

Chi sarà l'uomo del match?
Comandini: "Mi piacerebbe fosse Gattuso"
Ventola: "Sarà certamente Sneijder"

Duelli tra titani, scegli tra Julio Cesar-Dida, Lucio-Thiago Silva, Beckham-Sneijder, Borriello-Milito, Ronaldinho-Balotelli
Comandini: "Dida, Thiago Silva, Sneijder, Milito, Balotelli"
Ventola: "Julio Cesar, Thiago Silva, Sneijder, Borriello, Ronaldinho"

Meglio la concretezza dell'Inter o la fantasia del Milan?
Comandini: "La concretezza dell'Inter"
Ventola: "Il bel gioco mi piace vederlo, ma la concretezza porta i risultati"

Se vince l'Inter cosa succede?
Comandini: "Nulla sarà deciso in maniera assoluta, ma darà un bel segnale al campionato"
Ventola: "E' ancora lunga però sarebbe una bella mazzata per il Milan"


Se vince il Milan?
Comandini: "Il campionato è più bello"
Ventola: "Tutto si riapre e il duello sarà più avvincente"

Come sarà il tuo lunedì post derby?
Comandini: "Sarà tra le onde della Nuova Zelanda comunque vada"
Ventola: "Niente di particolare ma se fosse l'Inter a vincere sarei nettamente più contento"


Il tuo derby più bello?
Comandini: "Ovvio, quello del 6-0 nel 2001 quando ho segnato una doppietta"
Ventola: "Quello del 2002 vinto dall'Inter 1-0 con gol di Vieri
"

Come finirà Inter-Milan?
Comandini: "Vincono i rossoneri 2-1, segnano Gattuso e Borriello, poi Balotelli"
Ventola: "Finisce 1-1 con gol di Sneijder e Borriello"

15/01/10

Ciro, scuordate 'o passato. E' Del Piero la soluzione

Non sono bazzecole, né quisquilie, tantomeno pinzillacchere e Ciro questa volta lo ha capito. Proprio contro il suo Napoli, proprio nel momento più difficile della sua pur breve carriera da allenatore. La soluzione era a portata di mano, troppo semplice da scorgerla o troppo rischioso applicarla, almeno fino a quando la Juve non ha avuto più nulla da perdere. L'equazione è semplicissima, è poi quella che il Milan (rinato) ha seguito: classe, qualità, in parole povere fiducia negli uomini di maggior talento. Nessuna alchimia tattica, né stravolgimenti di moduli, ma soltanto personalità e capacità di prendere per mano una squadra che fino a quando Alex Del Piero è rimasto fermo ai box, specie se per scelta tattica, non ha trovato un leader riconosciuto.

Una Juve travolta da critiche, fischi, contestazioni, una nave sul punto di colare a picco, salvata, guarda caso, proprio dal suo capitano, ultimo baluardo a dare coraggio ai compagni, e a tenere, nelle sue mani, o meglio nei piedi, quel timone che potrebbe riportare la squadra sulla giusta rotta. Questa volta Del Piero non ha fatto solo per sé, ma per tre: ha illuminato la stella di Diego, tornata a brillare (magistrale il colpo di tacco in occasione del palo colto dal brasiliano), ha messo al sicuro un risultato che, prima del raddoppio, avrebbe potuto, in qualsiasi momento, riaprire il baratro sotto il prato dell'Olimpico, ha salvato uno dei piccoli obiettivi rimasti (dopo i proclami di inizio stagione) restituendo un briciolo di entusiasmo a un ambiente che così depresso non lo si vedeva dai mesi bui di Calciopoli.

Questa potrebbe essere la vera svolta della stagione bianconera. Scontato dire che sia arrivata troppo tardi, ma intanto Ferrara resterà alla guida della Juve fino alla fine della stagione e potrà giocarsi tutte le sue carte a partire dal suo asso, Alessandro Del Piero. E questa volta Ciro non sarà certo nu core n'grato.

10/01/10

Tragedie ed eroi, quando lo Sport decise di non fermarsi

La nazionale di calcio del Togo crivellata di proiettili, giocatori morti, e una Coppa d’Africa che va avanti pur con il lutto a rotolare sul prato assieme al pallone. Non è la prima volta che lo sport internazionale decide di non fermarsi. Lo fece, per un solo giorno, dopo il massacro di Monaco, durante i giochi del 1972 in cui 11 atleti israeliani persero la vita, uccisi da un commando di terroristi palestinesi, in quella che viene catalogata come la pagina più nera dello sport del secolo scorso. Una tragedia lontana nel tempo e per questo qualche volta troppo in fretta dimenticata.

Non come il ricordo della strage dell'Heysel ancora vivo nel cuore e nella mente di noi italiani: una giornata di festa tramutatasi in un giorno di vergogna per molti e di morte per 32 italiani che quel 29 maggio 1985 non videro mai la finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool. Una carica di tifosi inglesi, la fuga di quelli italiani e la totale incapacità di chi avrebbe dovuto provvedere alla sicurezza. Persone schiacciarono persone, nell'aria un senso di attonita angoscia non per una guerra, non per un attentato, ma nell'attesa di una partita di calcio che fu comunque giocata. Una tragedia che non funse da monito e che ebbe la sua vergognosa replica all'Hillsborough Stadium a Sheffield, durante la finale, questa volta sì sospesa, della FA Cup tra Liverpool e Nottingham Forest il 15 aprile 1989. Le vittime furono 96.

Il calcio è pieno eventi luttuosi rispetto ai quali si è agito diversamente. La morte di Vincenzo Paparelli, durante un derby Lazio-Roma del 28 ottobre '79, colpito da un razzo lanciato dalla curva opposta, o il decesso di Gabriele Sandri, tifoso laziale, l'11 novembre 2007, ucciso da un proiettile sparato da un agente in un'area di servizio lungo l'A1, non sono bastati a fermare tutto. Ciò accadde, invece, dopo l'omicidio dell'ispettore di polizia Filippo Raciti, morto fuori dallo stadio Massimino di Catania per un colpo al fegato ricevuto da un tifoso e per il quale la serie A e le istituzioni decisero di riflettere a fondo.

A volte accade che, invece, dalle tragedie nascano miti, leggende che alleviano il dramma insito nell'ineluttabilità della morte, proprio perché si è deciso che lo sport deve andare avanti. Una tragica fatalità si portò via Ayrton Senna in un Gp che, secondo molti, non si sarebbe nemmeno dovuto correre a causa della morte, per incidente, in prova, il giorno prima del pilota austriaco Roland Ratzenberger. E invece, il circus non si fermò, la gara prese il via e quell'ultimo giro del brasiliano divenne leggendario ancor più delle sue vittorie. Un botto pazzesco, un casco frantumato, la bandiera austriaca (con la quale avrebbe reso omaggio al collega scomparso il giorno prima) intrisa di sangue, le lacrime di un giovane Schumacher in conferenza stampa, poi il silenzio. Come quello che accompagnò il successo, sempre a Imola, del pilota tedesco che riuscì a correre e a vincere nonostante la morte della mamma Elisabeth avvenuta soltanto 24 ore prima. Quella volta la commozione di fine gara mostrò una sensibilità non riconosciuta a Schumi nel momento in cui disse di voler correre nonostante tutto.

Eppure gli eroi per antonomasia nella lunga letteratura sportiva restano quelli che giocarono la "partita della morte" il 9 agosto 1942 allo stadio Zenith di Kiev. Calciatori veri di Dinamo e Lokomotiv contro ufficiali nazisti. Fucili puntati e una sola via di scampo e nemmeno certa: la sconfitta. In undici decisero di vincere, ma in nove persero...la vita.