31/08/08

MORATTI BOCCIA QUARESMA, MOU...SO LUNGO PER JOSE'

Aveva chiesto nulla o poco alla societa` adeguandosi alla rosa a disposizione. Mancini, con la s, era un rinforzo gia` richiesto da Mancini, con la c, il fallimento per l`ingaggio di Lampard, Jose` Mourinho lo aveva mandato giu` senza troppo pensarci, d`altronde Muntari, vero acquisto cercato dal portoghese, si e` dimostrato validissima alternativa. L`amore tra Moratti e `The Special One` continua ma i primi screzi non sono tardati ad arrivare. Il rapporto ha avuto uno scossone sul nome di Quaresma, prima richiesta in assoluto del buon Jose`, bollata dal patron con un `non ci serve`. Opinioni discordanti alla luce di un pareggio. con la Samp, che, se il tecnico aveva messo in preventivo gia` nella conferenza stampa della vigilia, Moratti ha digerito a fatica. Troppo abituato a vincere il presidente negli ultimi anni e il mezzo passo falso alla prima di campionato non ci voleva a minare gli umori dell`ambiente, tanto piu` se condito da contrasti sul mercato.Mourinho e` uno che non le manda a dire tanto da denunciare il deficit di velocita` su una corsia che sarebbe colmato dall`arrivo del giocatore del Porto, Moratti, d`altro canto, e` fermo nella sua volonta` di non investire cifre astronomiche per convincere Pinto da Costa. Insomma, al di la` del gioco, non eccelso come nei primi 45` della Supercoppa italiana, l`alterco, pacato per carita`, non e` un buon sintomo all`inizio di una stagione dura, dove la concorrenza e` agguerrita e far quadrato tra squadra, tecnico, societa` e tifosi diventa ingrediente fondamentale per il successo finale

29/08/08

TIAGO E' ORA DI DECIDERE

Il sorteggio di Champions ha riservato un girone nel quale la Juve dovra` dimostrare di essere davvero tornata grande. Nessun problema, nell`ambiente bianconero ad affrontare il Real Madrid e lo Zenit del talentino Arshavin. Le partite sul campo non preoccupano, quella, l`unica finora cosi` rognosa, difficile, tanto da innervosire anche il pacato Alessio Secco, e` quella con Tiago. Il portoghese si e` chiuso dietro una trincea fatta di dinieghi e rifiuti. Di Premier League non ne vuole sentire parlare, la prospettiva Monaco ha visto un `ni` stiracchiato ma che non lacia troppe speranze per il futuro.Tiago vorrebbe una chiamata dall`Atletico, difficile data la passata stagione disputata, impossibile dopo l`acquisto da parte del club colchonero di Ever Banega, guarda caso, centrocampista centrale come lui. Potra` restare Tiago, se vorra`, alla Juve, ma solo guardando giocare i compagni, meglio, per il giocatore, fare uno sforzo e continuare a calcare terreni di gioco, quantomeno per dimostrare al tecnico e alla societa`, non ai compagni, che forse la colpa non e` tutta soltanto sua.Cosi` facendo il ragazzo perbene che abbiamo potuto ammirare fuori dal campo, dove spesso gli e` capitato di restare, potrebbe riacquistare la stima quantomeno di se` stesso se non degli altri, per buona pace di tutti, specie della Juventus `imprigionata` nei no del suo giocatore.

21/08/08

ITALIA CROCE E DELIZIA, DIFESA DA RICOSTRUIRE

Ci si aspettava un`Italia rinnovata, nella mente, nella filosofia di gioco, nel modulo. Marcello Lippi ha preferito, come fece del resto quattro anni fa, ripartire da quanto predicato dal suo predecessore. Le avvisaglie nel dare una certa continuita` le si erano avute con la lista dei convocati: poche novita`, molte conferme. Trend manifestato anche nella scelta del modulo, il 4-3-3 utilizzato da `Lippi I` soltanto in sporadiche occasioni dettate, per lo piu`, da cause di forza maggiore. Il tridente, nato dalla necessita` di far coesistere, allo stesso tempo Del Piero e Di Natale, ha bisogno di essere rodato. Tanto movimento, poche combinazioni tra i due non hanno consentito all`Italia di garantire l`agognato salto di qualita` rendendo prevedibile un attacco che, nelle intenzioni, non avrebbe, Gilardino a parte, dovuto concedere troppi punti di riferimento e che, solo nella ripresa, con un Del Piero (nonostante un gol malamente mancato) in crescita nell’inusuale ruolo di trequartista, ha manifestato il suo teorico potenziale. Proprio il Gila, rigenerato dalla cura Prandelli e tornato prepotentemente in azzurro, dopo essere stato messo nel dimenticatoio da Roberto Donadoni, e` stato croce e delizia di un`Italia che ha riproposto le sue croniche magagne (due gol clamorosamente falliti), ma anche le sue potenzialita` sottoporta (in occasione della rete dell`1-2).Di Natale, il pallino per nulla nascosto dell`ex ct, ha garantito in parte superiorita` numerica, creando movimento, lasciando spazio ad un accorrente Zambrotta, discreto in fase di spinta, tutt`altro che sicuro in copertura. A meta` campo, Pirlo e De Rossi, con Aquilani a spingere dalle retrovie, hanno dimostrato di poter coesistere benissimo e, condizione permettendo, hanno tentato di dettare ritmi e tempi di gioco. Insomma tutte situazioni migliorabili col tempo e con uno stato di forma certamente diverso.Visibili, anzi, vistose, tanto, troppo, le amnesie manifestate in fase difensiva. Il reparto arretrato sembra quello che piu` necessita di modifiche e di lavoro. Bonera e Barzagli, in piu` di qualche circostanza, non sono sembrati per nulla a proprio agio. Movimenti disarmonici, marcature tutt`altro che ferree e un`insicurezza fin troppo appariscente. Vero che, probabilmente, non saranno loro i titolari, ma c`e` da garantire un futuro alla difesa della Nazionale e le preoccupazioni, sperando nel recupero piu` rapido possibile di Chiellini e in nuove chance da concedere a Legrottaglie, e` inutile dirlo, sono palesi.Il gioco, beh, almeno il tentativo di imporre la propria qualita` non e` mancato, specie in avvio di gara e nella ripresa quando il risultato di svantaggio richiedeva sollecitazioni immediate. Il carattere, che ai Mondiali ha contraddistinto la squadra campione in carica, e` rimasto. Alla fine, l`Italia, quella di Lippi, per quanto fatto vedere al cospetto di un avversario, l`Austria, i cui giocatori sono sicuramente piu` avanti nella preparazione, merita una sufficienza stiracchiata, il passato incombe, lecito aspettarsi di meglio. La consolazione, se puo` bastare, e` dettata dalla cabala: Lippi comincio` proprio con una prova non esaltante in terra d`Islanda, poi tutta una serie di vittorie e risultati positivi fino a Berlino...La storia viaggia per cicli, un nuovo inizio e una nuova fine, si spera, col medesimo risultato

16/08/08

CARO BARONE...CHIEDIAMO VENIA

Eppure le avvisaglie c'erano state, biscotto o no, la gara contro il Camerun aveva denotato ciò a cui l'Italia del calcio sarebbe andata incontro: una sconfitta senza gloria e con poco onore. Spocchia, superficialità, tratti di presunzione manifestati dal non saper chiudere un match, contro il Belgio, che più in discesa di come si era messo non si poteva. Vantaggio nel punteggio, numerico e psicologico, patrimonio troppo prezioso per essere sprecato nel modo più assurdo. Una punizione, se vogliamo, anche giusta, giudizio lungi dal moralismo (non sarebbe il caso rispetto a cotanta evidenza fattuale) che spesso e volentieri si cerca per giustifcare magagne e mancanze. Si è meritato di perdere, per quanto fatto nella gara precedente, perché l'abitudine a vincere non è mai troppa; per quel che si è visto in una partita in cui l'umiltà, più che il carattere e la tecnica, avrebbe portato al passaggio, tranquillo, del turno. Non è stato così, le doti cantate a quelli che saranno i protagonisti del nostro calcio presente e futuro, azzurro e non, stonano, stridono, con gli acuti cercati e non trovati dai nostri solisti, con la disarmonia manifestata da una difesa tanto, troppo distratta al cospetto del pur bravo Mirallas. Il direttore d'orchestra (Montolivo) ha sbagliato clamorosamente partitura, Nocerino non può cantare e portare la croce. Gli isterismi, Viviano su tutti, potevano essere evitati, d'altronde mancavano ancora 10' abbondanti e con l'uomo in più tutto poteva succedere: peccati di gioventù direbbe qualcuno, banalità abusata per giustificare la prestazione di questi calciatori molto più fortunati dei rispettivi colleghi belgi. Lo spirito olimpico ha, ancora una volta, colpito, indirizzato la mente a una profonda riflessione: la vittoria si costruisce dalle basi, in ogni gara, in tutte le singole partite, con il massimo impegno e alla fine, caro Petrucci, lei ci insegna, che anche se si è andati per vincere e si è tornati sconfitti, si è partecipato, a testa alta, allora avremmo meritato la 'medaglia Pierre de Coubertin', quella che ci avrebbe lasciato col cuore sereno, con la coscienza tranquilla, senza troppi rimpianti.

15/08/08

SOL LEVANTE...VENTO DI PONENTE

Stesso presente, elemento comune, l'acqua, a tenerli a battesimo, costante di vita e di sport. Michael Phelps e Laure Manaudou, passato glorioso e presente assai dissimile. Il campione e la campionessa, forse ex, forse no, da domani, da quando lascerà Pechino per riflettere su quale dovrà essere il suo destino, lontano dalla piscina oppure di nuovo in corsia a combattere per tornare a essere se stessa, perché a 22 anni e mille successi, olimpici, mondiali e minori non si può improvvisamente affogare nella depressione dilagante per successi promessi e mancati al cospetto di avversarie che, forse, non può essere un dramma ammetterlo, ne hanno avuto di più: di motivazioni, di forza, di velocità. Capitolo chiuso, insomma, i cinque cerchi cinesi come spartiacque tra il baratro e il purgatorio, necessaria espiazione di colpe per ritrovare motivazioni, sopite, e vincere la scommessa con se stessa. Vento di ponente che porta lontano dalla gloria, aria che manca per ritrovare il respiro e la bracciata, brezza che può, tuttavia, cambiare e ripristinare lo status quo. Sol levante, il contraltare, e non solo perché la Cina è troppo vicina al Giappone, ma perché Michael Phelps resta la vera leggenda di questi Giochi. Il record di Mark Spitz ad un passo, impresa vissuta con il compiacimento provato rispetto a ciò che, tutto sommato, in fondo, è un gioco, Olimpico ovvio, ma pur sempre puro divertimento. Nessuna fatica, sorrisi, niente drammi se non saranno otto ori e otto record del mondo a connotare, alla fine, il bottino del ragazzo di Baltimora e a proiettarlo nel mito di Olimpia. Due modi di intendere il proprio lavoro, ops, il proprio sport, da vivere con passione, senza isterismi, perché un risultato, è vero, determina ciò che si è oggi, ma non cancella quello che si è fatto ieri.