25/05/09

O' Capitano, mio capitano. Maldini e gli attimi mai fuggiti


Sembrava di rivivere una scena già nota. Lo si è fatto per molti al passo d'addio, la standing ovation sentita, commossa, di tutto lo stadio a tributare l'ultima gloria a chi non udirà più, da protagonista, l'urlo del suo stadio. Eppure ci sono sensazioni diverse che si respirano nell'aria. Penso ai successi della carriera di Paolo Maldini, ripassando a memoria: 7 Scudetti, 5 Coppe dei Campioni, 3 Intercontinentali, 5 Supercoppe Uefa e altrettante italiane...Devo fermarmi, decisamente troppi per ricordarli tutti senza l'ausilio di un adeguato palmares scritto. Una standing ovation, a questo punto, sembra essere un tributo infinitamente più piccolo delle gioie che Il Capitano per antonomasia ha regalato ai tifosi milanisti, agli appassionati di calcio.

Non ci possono essere accostamenti da fare con uno come Paolo Maldini, o forse sì, ma nel calcio di uguali nemmeno a parlarne. O' Capitano, mio capitano, ci sono...trovato...la poesia di Walt Whitman resa ancora più celebre dal film "L'attimo fuggente", quella pellicola che ha tenuto incollate davanti alla tv generazioni di ragazzi, questo sì mi sembra il giusto paragone. Non fosse altro per quel fil rouge che pervade, attraversa, allo stesso modo, entrambe le storie, del film e del campione, la filosofia oraziana del Carpe Diem, della quale Paolo Maldini mi sembra un involontario ma quanto mai reale portavoce.

Gli attimi, il difensore rossonero, li ha colti tutti, non ne ha lasciato fuggire nemmeno uno, anzi uno sì, a volere essere proprio pignoli: la Coppa del Mondo mai conquistata sarebbe stata la ciliegina sulla torta di una carriera straordinaria. Beh, forse era questo il tributo da pagare al Diavolo a cui il Capitano ha venduto l’anima per 25 anni e oltre 900 partite. E allora ci sta di dover rinunciare a qualcosa. Non alla standing ovation però: tutti in piedi, uno alla volta, O'Capitano, mio capitano, proprio come nel film.

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19/05/09

C'era una volta lo stile Juve. Dal web il tecnico: Zeman


Torno a casa, accendo la tv: Ranieri esonerato! Cosa? Come? Ma ho sentito bene? La fonte più attendibile è il sito della Juventus, accendo il pc, connesso, apprendo la notizia online con questo scarno comunicato : "La Juventus ringrazia Claudio Ranieri per il lavoro svolto in questi due anni. Al nuovo allenatore, Ciro Ferrara, va l'augurio di immediati successi". Sto lì un attimo a fissare lo schermo, l'unica cosa che mi ronza per la testa è una domanda a cui non trovo risposta: Ma che senso ha?". Due partite due al termine della stagione, vabbè la Juve rischia il terzo posto ma la Champions, almeno il preliminare, è sicura. Cosa può cambiare con un nuovo allenatore in due settimane, quattordici giorni di lavoro che non servono assolutamente a modificare né equilibri tecnici o tattici, né tantomeno gerarchie stabilite da due anni? Poi mi sovviene in mente l'altra domanda, da appassionato, da tifoso del calcio: cosa dice la piazza virtuale? Via sui forum bianconeri, qui la sorpresa più grande. Resto esterrefatto nel leggere alcuni post. "Contento per l'esonero di Ranieri, ci voleva una scossa", scrive Carrara 81 su j1897.com. Resto interdetto, ma vuoi vedere che i tifosi sono dalla parte della società, il dubbio mi sovviene, la conferma arriva presto da Gabriele che su Juveforum scrive: "Cambiate il titolo del post da Juve shock a festa Juve".

Penso: "un attimo ma qui si sta esagerando. Conoscevo lo stile Juve, quello che per quarant'anni (Carniglia l'ultimo tecnico mandato a casa nel 1969) non ha concesso esoneri". E poi è davvero colpa di Ranieri se la Juventus non è stata in grado di tenere testa all'Inter e ora rischia il terzo posto, magari, dico magari, per aver cominciato prestissimo la stagione, o, sempre magari, perché non ha avuto un organico alla stessa altezza di quello di Mourinho? Poulsen, Knezevic, la conferma di Thiago...dai noo...Amauri? sì ok, ma l'infortunio a Trezeguet, l'assenza di Sissoko, ragazzi ma si paga dazio.

Non è forse che questo progetto, poiché così era stato presentato, dunque da portare avanti quantomeno a medio termine, sia stato rinnegato da una dirigenza non abituata a certe pressioni (non ne ha avute per due anni, il primo in B, e il secondo vissuto sul miracolo di essere arrivati terzi) e facile a cedere agli umori della piazza? Troppo semplice la provocazione da lanciare, ma che forse trova un perché esclusivamente nelle competenze e non nei modi: la Triade (Moggi, Giraudo e Bettega), esperta, attenta, furba, non avrebbe agito così. Azzardato? Come Paveliere che su j1897.com suggerisce il nome del nuovo tecnico: "Zeman".

04/05/09

A 60 anni da Superga il Grande Torino vive ancora


"Quel Grande Torino non era solo una squadra di calcio, era la voglia di Torino di vivere, di tornare bella e forte; i giocatori del Torino non erano solo dei professionisti o dei divi, erano degli amici". (Giorgio Bocca).

Fin troppo conosciuta per ricordare, solo nei fatti, la strage che dilaniò il cuore di milioni d'italiani, tifosi del Torino e non. Serve, però, tramandare la memoria di quella squadra fiore all'occhiello di un'Italia che a fatica cercava di smaltire le devastazioni materiali e morali della seconda guerra mondiale. Quel Grande Torino diventato prematuramente mito, trasformato in leggenda dalla storia, dalle sue vittorie, dal trascorrere degli anni, 60 dalla sua fine, in un epilogo il più tragico e amaro, in una gara persa senza demerito contro il destino.

Come ogni anno, il pellegrinaggio alla basilica di Superga, sancirà l'ennesima manifestazione d'affetto verso una squadra capace di trascendere il campanilismo di quegli anni grazie alla classe dei suoi giocatori, alle qualità calcistiche e umane del suo capitano, Valentino Mazzola, che incarnava quello spirito che il tempo e la passione granata hanno definito "cuore Toro", mai troppo apprezzato dalle generazioni che del pallone hanno conosciuto altro.

L'immane tristezza di quel giorno, il 4 maggio 1949, segna ancora il volto di qualche tifoso un po' attempato che ricorda, con rispetto misto a deferenza, le immagini in bianco e nero che annunciarono all'Italia la tragedia. Un sentimento tanto profondo, tale da permeare intere generazioni di calciatori "cresciuti troppo in fretta" (come disse un giorno l’ex giocatore Aldo Agroppi) nel ricordo di quella squadra i cui risultati nessuno seppe ripetere in maglia granata. Uno stato d'animo difficile da cogliere da un cronista un po' distratto che sfoglia foto ingiallite o ascolta aneddoti e ricordi, senza capire l'importanza, il senso di riscatto che un popolo considerato di "individualisti" come quello italiano, aveva affidato, invece, a un collettivo, il più bello, il più affiatato mai visto dal 1945 al 1949.

Per questo, quello che il Grande Torino seppe suscitare, non si è schiantato contro la collina di Superga, ma si è trasformato in una vittoria che si è protratta nel corso dei decenni, in una riaffermazione di quei valori di sportività e lealtà che rendono, ora, il ricordo meno triste.

03/05/09

Zlatan, la classe non è acqua. Gesto ai tifosi ed è polemica

Lo Scudetto dell'Inter, se sarà così, ma, a questo punto, francamente, non c'è motivo per credere al contrario, ha un protagonista assoluto: Zlatan Ibrahimovic, nel bene, e nel male. Ovvi da capire i meriti dello svedese, necessario sottolineare quelli che sono i limiti di un campione che ha sì dato tanto all'Inter ma che mostra un atteggiamento indolente già da qualche gara a questa parte. L'esultanza, esplicita, polemica, gretta si direbbe, figlia di un fischio ricevuto dopo tanti e, sia chiaro, meritatissimi applausi, appare davvero fuori luogo. Il dito al naso come a zittire la curva, una mano protesa come per dire "State calmi", ahinoi, non è così: il significato è chiaro.

Difficile giustificare con un "i ragazzi sono stanchi dopo una stagione faticosa", frase pronunciata dal solito parafulmine Mourinho, un atteggiamento che stride con la qualità di una squadra che, se è vero che nelle ultime settimane ha perso un po' di smalto, è di gran lunga superiore alle altre quando decide di affondare il colpo. Forse Ibra ("senza fischi non avrei segnato"), sarà anche stanco, ma non per una stagione così lunga (la Champions è stata abbandonata e la Coppa Italia pure), sarà mica stufo dell'Inter? Ma no, è magari vittima della nostalgia dei comportamenti sopra le righe del compagno di reparto Mario Balotelli, assente contro la Lazio. Questa volta ci ha pensato lui a scatenare la polemica e, onestamente, poteva anche farne a meno.