30/03/10

Uruguay, al Mondiale una Celeste da 10 e Lodeiro


“Il capitano di una squadra di calcio non è solo una fascia legata al braccio destro, è la bandiera della squadra, il suo stesso simbolo”. Obdulio Varela.

Lo stemma della sua nazionale ha quattro stelle nonostante i titoli di campione del mondo siano soltanto due (1930 e 1950). Eppure le altre "clandestinamente" comparse sul simbolo dell'Uruguay hanno una spiegazione: i titoli olimpici vinti nel 1924 e nel 1928, riconosciuti dalla Fifa come mondiali dilettanti. Presto ci potrebbe essere una quinta stella e non sulla maglia della Celeste ma dentro, molto dipenderà dai risultati anche se, per il momento, le premesse o promesse sono più che positive.

Se Diego Forlan resta il campione acclamato dei tempi contemporanei, ben lungi dalle performance degli eroi del '50 come Varela, Borges, Schiaffino, Ambrois e Ghiggia quello del futuro, a partire da Sudafrica 2010 si chiama Nicolas Lodeiro. Ennesimo talento del calcio uruguagio (due dei più recenti sono i palermitani Cavani e Hernandez), è nato e cresciuto a Paysandù. La trafila è quella già fatta, negli anni, dalle grandi promesse del calcio d'oltreoceano e presto rivelatesi flop inattesi o non all'altezza delle aspettative. Per Nicolas, piccoletto e mancino dal dribbling facile, le porte dell'Europa si sono spalancate grazie alla chiamata dell'Ajax, la formazione europea che più di ogni altra negli anni ha trasformato ragazzi dal talento innato in campioni affermati.

Scovato a 12 anni dal Nacional, la squadra che ha consacrato un altro talento incompreso (In Italia?) come Alvaro Recoba, la condizione necessaria per il trasferimento a Montevideo posta dalla famiglia è stata quella dell'istruzione e dell'alloggio a carico della società. Spese ripagate con gli interessi dopo l'ingaggio europeo del quale trarrà beneficio, soprattutto, la nazionale di Oscar Washington Tabarez, anche lui vecchia conoscenza del calcio nostrano. Nicolas, per il momento, ha incantato con il suo sinistro nell'Under 20. Il Mondiale resta la prova del nove da superare con un bel dieci e Lode..iro.




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Muller, 36 anni dopo. La Germania ritrova "Der Bomber"

23/03/10

Muller, 36 anni dopo. La Germania ritrova "Der Bomber"

Un filo sottile unisce le loro carriere, un cognome che in Germania richiama la storia dei tempi migliori, quando la nazionale tedesca era una corazzata invincibile e il solo fatto di affrontarla presupponeva un'impresa epica per batterla. Thomas Muller come Gerd Muller, il passato che ritorna dopo aver scavallato generazioni intere. Monaco di Baviera il luogo comune in cui affermarsi, il Bayern la squadra nella quale l'uno, Gerd, ha ottenuto tutti i record possibili e immaginabili e l'altro, Thomas, spera di emulare le gesta del suo omonimo. Perché il ruolo è lo stesso, attaccante, ma il mondo è diverso e non solo perché Thomas è nato a un paio di mesi dalla caduta del muro di Berlino.

Sono passati 36 anni da quando "Der Bomber" infilò la porta dell'Olanda nella finale che regalò il secondo titolo mondiale ai tedeschi all'Olympiastadion di Monaco. All’epoca la tv a colori era appannaggio di pochi, in Germania, di nessuno in Italia.




Il calcio è cambiato tanto, nelle regole, nella preparazione, nella velocità eppure guardando giocare Thomas Muller le pellicole sbiadite e in bianco e nero sembrano riprendere colore. Le somiglianze sono troppe, tante, se non nel fisico, certamente nel ruolo (attaccanti di rapina entrambi) e in quel numero che sembra definire un trait d'union indelebile tra i due: il 13, maglia con cui Gerd vinse la coppa del Mondo del '74 e il titolo di capocannoniere nel '70 (due gol agli azzurri nella mitica Italia-Germania 4-3), e giorno di nascita di Thomas.



Un predestinato, se non fosse che i numeri fatti registrare dal leggendario Muller sembrino irraggiungibili nel calcio moderno: 398 gol con la maglia del Bayern, 68 in nazionale e 69 nelle coppe europee con la squadra di club. Thomas ha dalla sua parte l'età: è un classe '89, gode della stima dell’ambiente Bayern e in nazionale ha già esordito. I Mondiali? Troppo presto, forse, per esserne un protagonista assoluto. L'esordio con la maglia della Germania lo ha reso celebre, al pubblico del resto del mondo, più per il fastidio provato da Diego Maradona nel sedergli accanto nell'insolita conferenza stampa doppia dopo la recente sfida Germania-Argentina. In futuro, però, anche il Pibe de Oro potrebbe ricredersi…

08/03/10

Carolina (Pini) di Monaco: "Caro Bayern perderai"

L'INTERVISTA COMPLETA SU SKY.it

Carolina Pini è un raggio di sole nel gelo invernale di Monaco di Baviera. Emigrata per passione con la Fiorentina nel cuore e con un contrappasso da dover scontare, prima e dopo, nella sfida di Champions tra la sua "Viola" e il suo datore di lavoro, il Bayern appunto. E sì perché lì Carolina di Monaco non è una principessa, ma un centrocampista della squadra donne, nata a Firenze e presto catapultata in Germania per misurarsi in uno dei campionati più importanti d'Europa, la Bundesliga femminile. Le difficoltà dei primi tempi sono ormai superate, la lingua non è più un problema tant'e vero che frequenta l'università e sogna di fare la giornalista.

L'attesa di questi giorni è tutta per Fiorentina-Bayern, il ritorno degli ottavi di Champions League. La gara d'andata non è stata semplice da digerire ma a Monaco, racconta Carolina, ora temono il match del Franchi: "Dicevano che avrebbero vinto 6-0 all'Allianz per poi mandare in Italia gli amatori", spiega la Pini. Il match in Baviera ha dimostrato il contrario, le polemiche non hanno scalfito più di tanto i tedeschi che diplomaticamente: “Hanno ammesso - racconta ancora Carolina - di avere avuto un vantaggio sul gol di Klose (il 2-1 ndr) convalidato da Ovrebo, ma anche che tutto ciò sarebbe potuto capitare alla Fiorentina”. Insomma, questione di fortuna per i bavaresi ma non per la Pini che ammette: "Sia in Champions che in campionato le piccole, inevitabilmente, vengono penalizzate. Sono vittime di una pressione che viene dall'alto e dunque un arbitro può essere indotto a prendere decisioni che favoriscono i club più blasonati"

Carolina è un libro aperto: la vita a casa della nonna non le dispiace affatto, l'ingaggio, basso, bassissimo se misurato in rapporto a quello di Robben o Ribery serve a malapena per vivere e coltivare le sue passioni, amici, cinema e fidanzato. L'amore, la bella toscana, non se l'è portato dall'Italia, ma lo ha trovato in Germania. Tedesco? "Sì, ma con origini italiane". La Nazionale è l'orgoglio di ogni atleta e se poi serve per pagare gli studi tanto meglio. Da buona fiorentina niente peli sulla lingua, le parole vengono fuori e tagliano come la lama di un coltello. Il caso Mutu ("Lo avrei punito") e i calciatori sopravvalutati ("Maggio è uno di questi") sono argomenti che la stuzzicano. Come dice lei: nel campo (e visto che siamo su quello d'allenamento ndr) tacchetti su una gamba, al di fuori dolcezza e femminilità.

In Fiorentina-Bayern, tuttavia, non ci sarà spazio per la seconda ipotesi: "Speriamo di fargli un bello scherzo". E l'augurio diventa presto una certezza: "Non c’è trippa per gatti, liebe bayern ihr werdet verlieren”, a Monaco certamente capiranno...