19/01/08

GARRINCHA, 25 ANNI DOPO

Emblema di un calcio che non esiste piu` se non nelle vecchie e ingiallite pellicole che ne consentono il ricordo. Denotava uno stile nazionale fatto di dribbling e finte, in un ingannevole gioco di gambe che spesso irrideva i suoi avversari, vittime sacrificali dell`allegria con cui giocava al calcio, dell`irrazionalita` con la quale percorreva quell`ala destra che, per quanto da lui fatto, avrebbe dovuto essere ricordata, come una strada o una piazza, con il suo nome. Questa e` la storia di Manuel Francisco Dos Santos, meglio noto con il nome di Garrincha, `l`alegria do povo` di Pau grande, nato il 28 ottobre 1933. Pericoloso come un `curupira` (demone con le gambe storte), funambolo dispettoso come il saci-perere` (folletto), Garrincha costituiva, al tempo, la maggior attrattiva del Brasile attraverso la strana fisionomia delle sue gambe, che nelle sue giocate comprendevano l`ancheggiare della samba, l`oscillare della capoeira e associate al calcio lo resero immortale nella memoria del paese piu` calciofilo del mondo. Nato con due gambe storte, la sinistra puntava verso l`esterno e la destra verso l`interno, questa caratteristica fisica lo rese imprendibile per qualsiasi avversario. Genio del calcio e sregolatezza allo stato puro, fu nel Botafogo che ottenne la consacrazione da calciatore professionista dal momento in cui, alla sua prima prova con il club, salto` con irriverente semplicita` un certo Nilton Santos, mitico terzino della nazionale verdeoro. Dall`ala destra, suo regno incontrastato, fece grande il Botafogo e il Brasile con cui vinse ben due coppe del Mondo, con quella del 1962 che lo vide assoluto protagonista, allorquando il talento di Pele` fu fermato da un infortunio nella seconda gara del girone di qualificazione. Con Didi`, Vava` e Pele`, Garrincha formo` il quadrilatero offensivo piu` forte nella storia del calcio, ma la peculiarita` del suo nome, ben piu` lungo degli altri tre (di quattro lettere e pronunciati tutto d`un fiato), ne esaltavono le differenze. Irrazionale in campo rispetto a chiunque altro, tanto da continuare a dribblare un avversario anche sulla linea di porta senza segnare o addirittura oltre la linea della rimessa laterale, Garrincha fu il giocatore che porto` il sorriso negli stadi brasiliani, tanto da entusiasmare la folla, con le sue finte, a mo` di corrida. La gara di consacrazione al grande pubblico di Garrincha come vero `fenomeno` della nazionale brasiliana fu la finale mondiale del 1958 in cui i verdeoro impallinarono la Svezia per 5-2 grazie a una prestazione semplicemente incontenibile (anche senza gol, ma con due assist spettacolari per la doppietta di Vava`) del talento di Pau Grande. Il mondiale di quattro anni dopo rappresento` l`apoteosi per Mane`, il cui futuro in nazionale fu segnato, in seguito, dall`eliminazione nel 1966 gia` nel girone di qualificazione. Furono gli anni in cui il giocatore inizio` ad accusare i primi problemi fisici dovuti all`asimmetria delle sue gambe con la destra malandata in virtu` di una cartilagine scheggiata che gli impediva di giocare due partite a distanza ravvicinata di tempo. Operato, in seguito a numerose insistenze da parte del Botafogo, non riusci` a tornare quello di un tempo, concludendo la carriera con poche altre apparizioni. Genio in campo, incontenibile anche nella vita privata, Garrincha non visse mai il lusso che la sua potenziale ricchezza economica gli poteva permettere. Sfruttato dal club per il quale diede l`anima e con il quale firmava contratti in bianco, salvo poi la dirigenza riempirli con il minimo salariale, ben presto Garrincha si ritrovo` povero. Sposo` diverse mogli (l`ultima fu la cantante Elsa Soares) ed ebbe ben tredici figli. Dedito all`alcol, ormai povero e dimenticato, fu ricoverato in coma etilico il 19 gennaio 1983 e mori` alle sei del mattino seguente a soli 49 anni. La presenza ai funerali di Garrincha da parte di tantissima gente che si raccolse prima sugli spalti del Maracana` e poi presso il cimitero Raiz da Serra di Pau Grande, testimonia quanto il popolo fosse riconoscente e legato all`immagine di questo giocatore, ancor piu` di Pele` che, per la sua gente, rappresenta quello che ogni brasiliano sogna di essere (campione, uomo d`affari, politico), ma che in Mane` ritrova quello che il popolo brasiliano si sente realmente di essere, povero e sfruttato, e a cui il genio di Garrincha aveva restituito l`allegria in una vicenda umana e sportiva racchiusa in uno striscione esposto durante la cerimonia funebre. `Un tempo facevi ridere il mondo, ora lo fai piangere. Garrincha, grazie di essere vissuto`.

Nessun commento: