06/07/11

Lo strano percorso di Antonio: vi racconto la mia Argentina

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La città, Rosario, non rende certamente giustizia alle lande desolate della Patagonia di cui Osvaldo Soriano riuscì a raccontare il futbol, quello fatto di personaggi improbabili come Peregrino Fernandez e di partite senza fine che si giocano contro un avversario o contro la vita. La storia, quella sì, si avvicina molto ai racconti di cui uno dei più grandi scrittori di calcio ci ha fatto innamorare. Antonio Stelitano ha 23 anni, il sogno di diventare un calciatore professionista, la voglia di esplorare il Paese che, insieme al Brasile, è il maggior esportatore di talenti in Europa. Il suo è un viaggio al contrario, inusuale, forse unico: dall’Italia all’Argentina per giocare al calcio, proprio nell’anno in cui il Paese della presidentessa Kirchner ospita la Copa America. Rosario è la città natale di Leo Messi, la squadra di Antonio è il C.A.U. abbreviazione di Club Athletic Union. La categoria non è la Primera del grande Boca o la Segunda del neo retrocesso River, ma una "serie C di tutto rispetto dove il denaro conta fino a un certo punto e la "garra" (la grinta) è l'ingrediente che non deve mancare: "Un'ipotesi affascinante che mi è stata prospettata, non ci ho pensato, ho fatto le valigie e sono partito, voglio restare nel giro che conta, non importa se così lontano da casa, Bolivia e Perù andrebbero bene lo stesso". Le offerte non mancano e ad agosto si vedrà, intanto la stagione per "El Tano" (l'italiano), così soprannominato, è stata formativa: "Pubblico strepitoso anche nel torneo Argentinos (la nostra Lega Pro) – dice – Tanta gente sugli spalti, un entusiasmo infinito, un modo di giocare al calcio totalmente differente, tanto pallone, poca tattica".

Uno stipendio decoroso, vitto e alloggio a carico della società per l'ex difensore dell'Igea Virtus che ha potuto respirare l'attesa di una nazione per un successo che manca da 18 anni: "Qui ci tengono troppo alla Selecciòn – racconta – ma al calcio in generale, c'è gente che non riesce a mangiare ma trova i soldi per andare allo stadio". Tutto ciò nonostante strutture non sempre sicure, luogo di conquista delle pericolosissime "Barras Bravas" ("vengono a disturbare gli allenamenti"), effetti collaterali di un'esasperazione calcistica che gli argentini sono disposti (non sempre) a tollerare. La nazionale, a campionati conclusi, ha ora monopolizzato i cuori: l'esordio stentato con la Bolivia e la necessità di puntare al titolo non bloccheranno le gambe. "La Copa la vincerà l'Argentina, il pubblico la spingerà al successo – dice Stelitano – Hanno un attacco formidabile anche se a Messi non perdonano il fatto che in Europa vince tutto e quando gioca per la Nazionale non si esprime al massimo".

Le "piccole" Bolivia, Venezuela e Perù sono ossi duri da battere: "Il calcio si evolve anche nei Paesi più poveri e poi qui le squadre meno forti giocano con grande determinazione, non si risparmiano e possono mettere in difficoltà le grandi". Se Messi è l'incompiuto e per gli argentini Lavezzi è stimato, Aguero potrà fare la differenza: "Sarà lui l'uomo decisivo – dice Stelitano – E' in forma e ora Batista gli darà fiducia. Le voci di mercato lo stanno caricando". E infine un consiglio: "Chi prende Banega fa un affare, è un grande". A buon intenditor poche parole.

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